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Marco Bellagamba

MARCO BELLAGAMBA è nato a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, nel 1966. La dote per il disegno si manifesta fin dalle elementari e si sviluppa nel corso degli anni, anche grazie all’appoggio del padre diplomato all’Accademia di Belle Arti di Parma.
È dalla metà degli anni Novanta, vale a dire da quando Marco ritrova casualmente la scatola dei colori ad olio e i pennelli del padre, che sente nascere in sé lo stimolo di confrontarsi con la tela bianca.
Da qui comincia il suo percorso attraverso il lavoro pittorico di stampo figurativo, orientato soprattutto al ritratto.
Abbandona questa linea di ricerca intorno al 2000 quando passa alla pittura informale e aderisce al "Tranvisionismo".

Opera di Marco Bellagamba Opera di Marco Bellagamba Opera di Marco Bellagamba Opera di Marco Bellagamba Opera di Marco Bellagamba Opera di Marco Bellagamba


LE TENSIONI VIVE DEL COLORE

La tavolozza di Marco Bellagamba nasce in modo istintivo. Partendo con il nero del bitume, che costituisce l’elemento base delle sue composizioni, traccia delle righe fortemente gestuali, nette e precise. Su questa struttura preordinata si innesta e si costruisce l’espressività cromatica e segnica di ogni opera, che tende comunque a esasperare l’evidenza di quel tracciato primario. Marco Bellagamba, per giungere alla ricerca attuale, che esaspera la non forma con grande densità emotiva, è partito da lontano. Il suo amore per l’intrigo pittorico gli viene dall’infanzia. Figlio d’arte, dato che suo padre aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Parma, da ragazzino disegnava le proprie logiche visive con pastelli, matite e chine: un mondo ingenuo forse, ma già preciso nella definizione della figura, delle luci e delle ombre, dove il senso della tridimensionalità era percepito come un problema fondamentale. E tuttavia, non a caso egli ricorda volentieri quei suoi esordi infantili, e quindi il fatto di aver già allora messo in pratica le lezioni paterne, come preludi indispensabili allo sviluppo della sua ricerca. Anche oggi per l’artista le luci e le ombre corrispondono a una necessità narrativa primaria; e non si tratta certo di acrobazie pittoriche, bensì degli effetti speculari di uno stato d’animo, se non addirittura situazioni descrittive di visioni più intime, richiamate alla superficie della coscienza. Nella sua pagina pittorica sulla tela è costante il contrasto segnico e cromatico, che si gioca fra tratteggi notturni e forti lampi di chiarore. Piuttosto appare curioso il suo atteggiamento di fronte alla compiutezza del dipinto: se da un lato egli considera ogni sua opera finita come il frutto di un atto puramente concettuale, dall’altra parte non nasconde di vivere il gesto compositivo in chiave soggettiva. Quindi significa che la sua concettualità ricostruisce un dialogo intimo, non del tutto esplicitabile, che dà forma al pensiero tramite le innumerevoli posizioni e sovrapposizioni di colore. L’oggettività dei toni e dei controtoni rappresentano perciò un silenzio voluto, una sorta di sigillo su parole non dicibili.
Per dare una collocazione giusta al mondo poetico di Marco Bellagamba, va sottolineata una sorta di dialettica fatta di coincidenze e di divergenze tra il mondo oggettivo della sua creatività e il mondo soggettivo dei suoi sentimenti. La particolare suggestione trasmessa da questo modo razionalmente istintivo di operare sorge nel contesto di un’intelligenza astratta, che si misura in un’azione cosciente di rielaborazione visiva. Se da una parte la persona, nel suo quotidiano, appare piuttosto controllata, nell’esecuzione pittorica lascia emergere un suo lato ìnfero, come se l’artista avesse risvegliato i demoni che le ragioni del vivere tenevano imbrigliati. Proprio lui – per usare, le sue stesse parole – che inizialmente creava figure un po’ strane, non precise, a un certo punto ha scoperto il fascino accattivante quanto aggressivo delle masse informi che, del tutto irrazionalmente, si scatenano sulla tela, espandendosi in una sinfonia magica, dove i primi piani esplodono da fondi lontani, che rimandano echi dolorosi. Marco Bellagamba apre e chiude gli spazi, inventa geometrie fatte di riquadri otticamente stabilizzati in una dimensionalità utopica. I neri, i bianchi, i gialli, gli azzurri e i rossi composti e contrapposti appartengono a una sorta di sregolatezza compositiva, che nasce dall’oggettiva e personale necessità di essere e di rimanere artista libero. La ricerca informale è quindi, in questo caso, l’acme delle potenzialità espressive di un artista al quale, pur sapendo che non ama le definizioni troppo coercitive, speriamo di non fare torto se scriviamo che la drammaticità del suo modo di comporre rientra nei canoni dell’espressionismo informale europeo. Poiché la sua pittura, che volutamente manca di regole e di costrizioni, ci appare come una scrittura definitiva e come un atto perentorio che definisce una percezione visiva ogni volta unica e irripetibile.

Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte



TRANSLATION

LIVELY COLOUR TENSIONS
Marco Bellagamba’s range of colours comes to him instinctively. Starting with bitumen black, which constitutes the basic element in his compositions, he traces highly gestural, clear and precise lines. The expressiveness of colours and strokes in each work is constructed and grafted onto this preordained structure, serving to sharpen the distinctness of that first outline. Marco Bellagamba started a long time ago to arrive at his current working style, which brings out the non-form with great emotional density. His delight in the complexities of painting began when he was a child. He is the son of an artist (his father studied at the Parma Fine Arts Academy) and, as a child, he drew his own visual perceptions in pastel, crayon and ink. What he drew was perhaps a world of innocence, but one where figures, light and shadow were already precisely defined and where the sense of the threedimensional was seen as an underlying problem. Nevertheless he recalls his childhood beginnings with great pleasure, and the fact that he was already putting into practice what his father taught him – an essential preparation for developing his style. Today, light and shade are still a primary narrative necessity for this artist. They are not just a matter of painting acrobatics, but of effects that mirror a state of mind, and possibly even descriptions of more intimate visions summoned up to the surface of his consciousness. What we read in his painting is the constant contrast of lines and colours, exploited in strokes of dark colour and strong flashes of light. His attitude towards his completed paintings is rather curious: on the one hand he considers each of his finished works as the fruit of a purely conceptual act, while on the other, he is plainly experiencing the activity of composition subjectively. This means, then, that his conceptuality reconstructs an intimate dialogue, which cannot quite be expressed and which gives shape to the thought through the way the colours are positioned and superimposed. The objectivity of the tones and counter-tones represents a deliberate silence, a sort of seal on words that are unpronounceable.
In order to give a correct interpretation to the poetic world of Marco Bellagamba, we need to stress that there is a sort of dialectic made up of coincidences and divergences between the objective world of his creativity and the subjective world of his feelings. The unusual evocativeness transmitted by this rationally instinctive way of working arises in the context of an abstract intelligence, which is measured in a conscious action of visual re-elaboration. Whereas, on the one hand, the man in his daily life appears quite controlled, the artist in his painting lets his infernal side emerge, as if he has awoken the demons that the rational side of his life had kept chained up. At the beginning, as he himself says, he created rather strange, imprecise figures, but at a certain point he discovered the charm – both attractive and aggressive – of shapeless masses that, completely irrationally, break out on the canvas and spread out in a magical symphony, with foregrounds exploding out of far-off depths, sending back painful echoes. Marco Bellagamba opens and closes the spaces and invents geometries made up of frames that are optically stabilized in imaginary dimensions. The blacks, whites, yellows, blues and reds, both blending with each other and in conflict, belong to a sort of compositional disorderliness, stemming from the objective and personal necessity to be and to remain a free artist. This informal painting is therefore the culmination of the expressive potentiality of an artist with a dramatic quality in his method of composition that, we would venture to say (although we know that he does not like definitions that are overly confining), puts him in the lists of European informal expressionist artists. This is because his painting, purposely free from rules and constrictions, appears to us as a definitive contract and as a peremptory deed defining a visual perception that is each time unique and unrepeatable.

Prof. Paolo Levi
Critico e storico dell'arte



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